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Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha salutato con entusiasmo, e toni trionfalistici, le oltre 41 mila immissioni in ruolo di docenti. A pagarne il prezzo però sono migliaia di docenti precari che sono stati scaricati. Il silenzio dei media è imbarazzante.



Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha salutato con entusiasmo, e toni trionfalistici, le oltre 41 mila immissioni in ruolo di docenti per l’anno scolastico in corso.

Un risultato che il ministro Valditara ha presentato come una svolta contro il precariato, con percentuali record di copertura delle cattedre.
Ma dietro i numeri ufficiali si nasconde un paradosso: lo scorso anno oltre 250 mila posti erano stati coperti da supplenti, mentre oggi, nonostante le assunzioni, decine di migliaia di insegnanti sono rimasti senza lavoro dall’oggi al domani, senza che fosse dato loro alcun avviso.


Per comprendere il meccanismo bisogna distinguere tra organico di diritto e organico di fatto. Il primo rappresenta i posti stabili previsti dalla legge, su cui è possibile procedere con assunzioni a tempo indeterminato. Il secondo comprende invece le cosiddette deroghe, soprattutto sul sostegno, e gli spezzoni orari, cioè cattedre parziali che vengono assegnate annualmente in base ai bisogni concreti delle scuole.
Solo i posti in organico di diritto sono stati oggetto delle immissioni in ruolo. Tutti gli altri, che pure hanno dato lavoro a centinaia di migliaia di supplenti, restano esclusi dalla stabilizzazione.




Così il Ministero può dichiarare di avere assunto quasi 42 mila insegnanti e al tempo stesso lasciare in sospeso un numero enorme di precari che per anni hanno sorretto il sistema scolastico. Secondo i sindacati sono circa 250 mila, mentre lo stesso ministro ne riconosce 165 mila, in gran parte docenti di sostegno senza specializzazione.
In ogni caso la matematica non torna: chi l’anno scorso aveva una cattedra, quest’anno spesso non l’ha più.
Il motivo è semplice: molti posti che erano stati dati a supplenza sono stati occupati dai neoimmessi in ruolo. La coperta è sempre la stessa, ma viene tirata da un lato lasciando scoperto l’altro.



Il problema non è solo quantitativo ma soprattutto comunicativo. Se il Ministero avesse spiegato già a giugno che l’ingresso in ruolo di decine di migliaia di docenti avrebbe ridotto drasticamente le supplenze disponibili, i precari avrebbero potuto organizzarsi. Ci sarebbe stato il tempo per tentare altre strade, per cercare un altro lavoro e, soprattutto, per pianificare strategie familiari ed economiche. Invece nulla è stato detto. Solo il 30 agosto, durante le convocazioni, i docenti hanno scoperto che i posti non c’erano più.
Neppure le sigle sindacali avevano informato gli iscritti.



La mancanza di trasparenza produce conseguenze drammatiche.
Insegnanti con anni di esperienza alle spalle, che contavano su una nuova supplenza, sono rimasti senza stipendio e senza prospettive. Molti lavoravano da tempo sul sostegno, senza specializzazione, e si sono visti sostituire dai nuovi assunti con titolo. Altri, su materia, hanno perso la cattedra perché il posto è stato trasformato in ruolo. Tutto questo senza una comunicazione preventiva, senza un avviso, senza la possibilità di prepararsi.




Il risultato è una stabilizzazione a metà. Da un lato il Ministero può vantare un aumento delle assunzioni, dall’altro lascia migliaia di famiglie nell’incertezza

Il paradosso è che il governo presenta il calo dei precari come un successo, ma a pagare il prezzo sono proprio loro.
I docenti che lo scorso anno, e negli anni precedenti, hanno garantito il funzionamento delle scuole, spesso in condizioni difficili e senza formazione adeguata, oggi si sentono usati, traditi e abbandonati. Alcuni raccontano di aver scoperto solo all’ultimo che la loro cattedra era stata assegnata in ruolo. Sarebbe bastato un avviso a giugno, dicono, per evitare una simile beffa.



Il tema resta politico oltre che tecnico. Fino a quando i posti in deroga non verranno assorbiti nell’organico di diritto, il precariato resterà una costante del sistema scolastico. Nel frattempo migliaia di docenti, esclusi dalle immissioni in ruolo, sono costretti a ricominciare da zero, o a rinunciare del tutto alla professione. La scuola italiana si ritrova così a settembre con 41 mila assunti in più, ma anche con decine di migliaia di insegnanti in meno, tagliati fuori senza alcun preavviso.

Imbarazzante il silenzio dei media che non hanno parlato dei docenti precari rimasti senza cattedra dall'oggi al domani. Tutti ad esaltare la figura del potere dimenticando quei precari che han retto la scuola per anni.

Si attendono i prossimi bollettini. Qualche docente troverà una collocazione. Quanti, però, possono aspettare? Ognuno ha problematiche economiche e familiari e molti dovranno trovare subito un altro lavoro.

Un docente precario vicentino ci racconta: "dopo 10 anni di servizio vengo buttato via come un sacco di immondizia. Come altri colleghi ho servito lo Stato e questo è il risultato. Neanche un avviso, un'email, un sms. Niente. Tutti scaricati. Il successo sbandierato, quello delle assunzioni, è stato ottenuto sulla pelle dei docenti che han fatto funzionare la scuola per anni ed anni. Non si contestano le assunzioni: si contesta la mancanza di comunicazione e si contesta il tono trionfalistico quando tantissime famiglie stanno già riscontrando problemi. E' inaccettabile l'assoluta mancanza di alternative
Auguri ai neoassunti ma ancora più auguri ai docenti scaricati e abbandonati dalle istituzioni. Buona fortuna ai colleghi che devono ripartire da zero così, all'improvviso. Buona fortuna a me che dovrò trovare subito un lavoro diverso
".

Staff




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