Prima di tutto Umberto Eco - morto il 19 febbraio 2016 a 84 anni - era il professor Eco. Amava insegnare e comunicare le sue conoscenze. Amava studiare ed aveva ormai una quarantina di Lauree.
Non era uno di quei "personaggi" da salotto televisivo che i media impongono al pubblico come personaggi di cultura. La tv è infestata ormai da pseudo-critici d'arte, pseudo scrittori, reality dedicati a scrittori da mezza tacca.
Eco (foto: fonte da internet) era miglia più in alto di questi personaggi. La sua "casa" era l'Università e, forse, l'Università era lui stesso.
Il suo messaggio era chiaro: bisogna studiare. Non conta quanto hai studiato fino ad ora. L'importante è che cominci a farlo subito di nuovo senza smettere mai. Era curioso Eco. La sua curiosità lo spingeva a conoscere sempre di più. Una intelligenza acuta e un grande ingegno.
"Non oportet studere sed studuisse" , conta aver studiato, non studiare. Ed Eco ha studiato, tanto, davvero e con piacere.
E' stato sicuramente uno dei più grandi intellettuali italiani a cavallo tra il '900 e il nuovo secolo. Forse il più grande.
Rimarrà nella storia la sua recente affermazione dedicata ai social network che su internet danno voce a "legioni di imbecilli" che prima parlavano solo al bar e che adesso possono parlare allo stesso modo di un premio Nobel. Imbecilli che prima venivano zittiti dagli amici e che, adesso sui social, possono dire quello che vogliono.
Tutti i media del mondo ricordano la passione di Eco per il Medioevo e citano il suo romanzo "Il nome della rosa". Di questo libro lui disse "lo odio, è il mio peggior romanzo".
Che tutti i media oggi citino quel romanzo come tributo ad Eco lascia intendere che forse Eco non lo conoscevano poi così tanto. Forse il "coccodrillo" era già pronto da tempo.
Peccato. Una occasione persa per tributare onore ad un grande intellettuale come Eco di cui, sembrerà incredibile, ho apprezzato tantissimo - oltre agli studi di Semiotica - anche il manuale "Come si scrive una tesi di Laurea". L'ho studiato e ne ho seguito le indicazioni quando ho scritto la mia tesi. Un libro che ancora oggi consiglio ai giovani laureandi e, sopratutto, ai loro docenti.
G.B.F.
Odio "Il nome della Rosa"
Internet ha dato voce a legioni di imbecilli