Il 10 gennaio si torna a scuola e si sarà in presenza. Nonostante l'appello di migliaia di presidi - che chiedevano un breve periodo di DAD (didattica a distanza) per consentire di vaccinare gli studenti e aumentare la sicurezza nelle aule - il ministro Bianchi ha detto praticamente di no.
Si torna in presenza, dunque, mentre tanti presidi cambiano idea, saggiamente e con lungimiranza, sugli scrutini che non si svolgeranno più in presenza (molti iniziano proprio il 10 gennaio) ma su piattaforma online.
Segnale che la situazione non è proprio delle più semplici considerato l'incremento dei contagi e che la sicurezza forse non è quella dichiarata fino ad ora.
Del resto quello della scuola in presenza è uno dei temi fondamentali su cui si basa tutta la gestione della pandemia e la stessa sopravvivenza del governo Draghi. Chiudere le scuole sarebbe, in sostanza, l'ammissione di aver fallito politicamente.
Il ministro Bianchi ha detto: "Siamo molto attenti a voci che ci arrivano dal Paese, ma anche dalle tante voci che ci dicono che la scuola debba restare in presenza. Abbiamo una situazione differenziata nel Paese e la si affronta differenziando. Abbiamo valorizzato l'autonomia dei dirigenti scolastici. Ma non si dica che vogliamo scaricare loro la responsabilità. Anzi, la responsabilità deve essere di tutti noi, non solo nella scuola".
Non è sulla stella linea il presidente della Fondazione Gimbe, Cartabellotta: "Non si può continuare con lo slogan 'niente Dad, scuola sicura' perché questo di fatto non è possibile in un momento di circolazione di un virus che raddoppia i casi ogni due giorni. È evidente che quello che stanno chiedendo i presidi, ovvero utilizzare queste due settimane per potenziare la vaccinazione, è ragionevole. Però due settimane di Dad senza nessun intervento di incremento delle coperture vaccinali in queste fasce d'età può lasciare il tempo che trova. È evidente che con questa circolazione virale sarà molto difficile mantenere le classi in presenza".
Nella discussione sulla scuola, però, nessuno ha chiesto il parere ai due attori principali della vita in classe: gli studenti e i docenti. Sarebbe ora che anche a questi fosse data la possibilità di esprimere i loro dubbi, le loro perplessità, le loro paure e le loro idee.
In tanti parlano della scuola, anche coloro i quali non la vivono e non la conoscono. Un sondaggio online, ad esempio, indirizzato a docenti e studenti (almeno delle scuole superiori) si potrebbe realizzare facilmente e in breve tempo.
Staff
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